20 febbraio 2016

Dentro le esperienze

Andrea ha voluto condividere con tutti il racconto dell'esperienza vissuta al Mondiale. 
"Il Mondiale Snipe di Talamone visto da vicino (ma da dietro) di Andrea Gemini

Trascorsi diversi mesi dall’ultima regata del Campionato Mondiale di Talamone, ecco alcune riflessioni sulla nostra esperienza in acqua e a terra.
Il nostro mondiale è iniziato con una yellow flag per regola 42, fischiataci e sbandierataci con grande enfasi da un gommone Giuria, un minuto dopo la prima partenza della prima regata del primo giorno del Mondiale.
Anzi ad essere più precisi sarebbe meglio dire che il nostro Mondiale sia iniziato ufficialmente due settimane prima.
Io e Giovanna eravamo appena arrivati a Santander per partecipare a quella che credevamo sarebbe stata l’ultima regata della nostra stagione: l’Europeo Master .
La sera stessa invece riceviamo una mail da Jerelyn Biehl che ci comunicava il nostro ripescaggio per il Campionato Mondiale.
Insomma siamo arrivati a Talamone entrando dalla porta di servizio, e appena affacciati, abbiamo capito che il gioco sarebbe stato duro e con regole nuove.

E’ stata una bellissima esperienza, senz’altro formativa e insieme a Giovanna siamo consapevoli che ci sarà di grande aiuto per la nostra crescita velica.
Le partenze i giri di boa

Partecipare a una regata con più di 80 barche sulla linea di partenza è cosa totalmente diversa dalle regate con massimo 30-40 partecipanti a cui eravamo abituati fino ad allora.
La partenza è un momento fondamentale e i primi giorni non riuscivamo letteralmente a partire, sbagliavamo il timing, ci sembrava di essere allineati con la flotta, di accelerare insieme alle altre barche ma così non avveniva.
Allo start vedere schizzare in avanti praticamente tutta la flotta mi dava la sensazione di osservare da un vetro una festa a cui non eravamo statati invitati.
Per fortuna anche gli asini imparano e start dopo start, gli ultimi due giorni abbiamo finalmente iniziato a trovare il giusto feeling e a fare delle partenze dignitose.
In queste regate così affollate gli approcci alla prima boa di bolina sono critici e occorre decidere con anticipo tra la lay line di sinistra con tutti i rischi che ne consegue, la lay line di destra, più conservativa, ma frustrante dovendo navigare quasi sicuramente molto alti rispetto alla boa, per trovare il proprio canale di aria pulita (a meno che non si arrivi tra i top 20 ma questo non era il caso di Neurone).
In una regata abbiamo girato senza intoppi la boa di bolina giungendo sulla lay line di sinistra; mi sentivo un fuoriclasse per questo approccio di boa così audace e ben riuscito.
Pochi istanti dopo, navigando nell’ offset invece ci siamo resi conto della catastrofe: la montagna di vele che arrivava ben più alta della boa dalla lay line di destra, ci ha praticamente lasciati in bonaccia e costretti a rivirare mure a sinistra nel traversino e ad attraversare tutta la flotta per trovare un po’ di aria pulita ancora più in alto.
Anche questa è esperienza.
Avevamo sentito racconti dei precedenti mondiali dove ai giri di boa succedeva un po’ di tutto e nella concitazione molte barche ne approfittavano senza rispettare le regole.
Per quella che è stata la nostra esperienza a Talamone, a parte qualche sporadico episodio, abbiamo trovato una flotta corretta.
Un'altra caratteristica peculiare di regate con così tante partecipanti specialmente i primi giorni quando ancora non si riconoscono le varie barche della flotta, è la difficoltà di trovare dei riferimenti. Di bolina infatti non era facile capire se un bordo aveva pagato o meno, perché difficilmente si riusciva a individuare quali barche ti avevano passato o quali avevi eventualmente superato tu.
Con il succedersi delle prove questo problema si è risolto perché inevitabilmente ci si ritrova a regatare spesso vicino alle stesse barche (quelle del tuo stesso livello) e inizi quindi a ricordarti i numeri velici dei tuoi competitor.
Al Mondiale mi sono convinto ancora di più che non esiste una ricetta magica, un setting dell’albero che ti dia marcia in più.
Escludendo le situazioni meteo estreme, di vento molto leggero o molto forte con onda , le velocità delle barche in fondo erano molto simili. Ciò che ha fatto la differenza tra le barche top ed il grosso della flotta , oltre ovviamente alla tattica è stata la gestione da parte degli equipaggi più bravi e più esperti della regata in senso generale e degli episodi che via via si presentavano.
Regola 42
Da bravi pivellini siamo stati tra i primi ad essere richiamati dalla Giuria in acqua per la regola 42 e semplicemente perché subito dopo una partenza in mezzo ad un mare di vele, stavamo schienando un po’ per tenere dritta la barca e non farsi coprire dalle barche sopravento.
Normalmente alle regate nazionali questa regola di fatto non viene applicata e noi non erano abituati a limitare i movimenti del corpo.
Al mondiale, scottati dal battesimo della bandiera gialla, siamo poi stati molto attenti, costringendoci però a una conduzione della barca, corretta per la regola, ma innaturale per quello che richiede una deriva come lo Snipe, specialmente nei lati di poppa con vento.
La 42 è a mio avviso una regola difficile da far rispettare uniformemente a tutte le barche in acqua e una regola limitante in quello che invece dovrebbe essere il naturale stile di conduzione di una deriva sportiva, oltretutto in un campionato mondiale open, non in una regata master.
Servirebbe forse una riflessione della Scira nel ridefinire i confini di applicabilità di questa norma, e una consistente dose di buon senso dei giudici in acqua. A Talamone infatti sono state fischiate barche per la regola 42 durante i laschi con 20 nodi, situazione nella quale specialmente per lo Snipe è quasi impossibile non contrastare il rollio della barca con i movimenti del corpo.
Convivialità
A Talamone, come negli altri mondiali, le barche erano collocate sul piazzale una vicino all’altra in base alla nazionalità; ciò ha una sua motivazione pratica ma di certo non ha favorito il sorgere di spontanee amicizie tra equipaggi di diverse nazionalità; anzi ci si è chiusi ancora di più nel proprio gruppo “etnico”.
Ed è un peccato perché spesso si rientrava a terra dalle regate molto tardi e rimaneva poco tempo e poche energie per rimanere a chiacchierare.
Mancava un punto di aggregazione post regata; la bellissima struttura costruita sul piazzale del porto apposta per il Mondiale è stata vissuta da molti, più come un ostacolo attorno al quale girare invece di un luogo di ritrovo.
E’ mancata forse anche un po’ di comunicazione su tutto ciò che esulava la regata pura.
Un esempio può essere l’arrivo della Fregata della Marina Militare Virginio Fasan che il 25 settembre abbiamo trova ancorata nella baia di Talamone.


La mattina di quel giorno, camminando a piedi sul lungomare che costeggia la baia, con grande sorpresa abbiamo visto la nave in rada e ci siamo domandati il perché di quella presenza..
Mentre ci dirigevamo verso il campo di regata per curiosità siamo passati accanto alla bellissima nave ma molto cautamente. Molto diverso sarebbe stato se avessimo saputo che la Virginio Fasan era venuta a Talamone apposta per noi!
Tutto questo lo abbiamo scoperto solo la sera a cena parlando con altri più informati di noi.
Una nave della Marina che viene a rendere omaggio a tutte le nostre barchine di 4,70 mt è un evento eccezionale che l’organizzazione avrebbe dovuto comunicare in maniera più efficace a tutti noi ed in particolare agli stranieri. 
Vento forte
Le regate sono state molto faticose oltre che per il naturale stress, anche per la lunghezza del percorso (della prima bolina in particolare) a cui pochi di noi era abituato, e per il vento forte, in particolare nei primi tre giorni.
La regata annullata del terzo giorno con vento fino a 27 nodi e grandi onde, ha regalato forti

emozioni a tutta la flotta degli snipe; molti di noi le ricorderanno a lungo, come una regata corsa in bilico tra l‘esaltazione e la sensazione della catastrofe imminente.
Eppure si sono viste pochissime scuffie, con tutti gli equipaggi impegnati in planata a lavorare su ogni onda e raffica come se ci fossero 10 nodi per guadagnare metri preziosi sugli avversari.
Vogliamo parlare del rientro in porto dopo l’annullamento di questa prova?
Noi e tanti altri, stremati in navigazione tranquilla e conservativa per evitare possibili scuffie sotto raffica, invece alcuni equipaggi probabilmente di un altro pianeta anche se avevano scritto BRA ed ESP sulle vele, tirano fuori il tangone puntano verso terra e partono in planata da un onda all’altra, come se fosse la cosa più semplice del mondo.
Squadra italiana
Eravamo alla nostra prima esperienza in una regata di derive così importante quindi sia io che Giovanna non conoscevamo le dinamiche e le esigenze reali che si sviluppano nel corso del Campionato.
Solo una volta in acqua ci siamo resi conto che praticamente quasi tutte le squadre nazionali avevano un gommone con un allenatore o comunque con una persona attrezzata per poter dare assistenza in caso di necessità. Noi invece come squadra italiana, pur gareggiando in casa e con la flotta più numerosa, non avevamo nulla e ci siamo solo arrangiati a chiedere ospitalità per un paio di tangoni di rispetto su gommoni di altre squadre.  Peccato.
Reazione allo stress psicofisico
Le regate ci hanno tenuto in mare tutti i giorni praticamente da tarda mattina fino a sera, con tante partenze ripetute, boline interminabili e giri di boa affollati. Nonostante la fatica ed i lividi si siano andati accumulando, credo che il giorno in cui mi sono sentito più stanco è stato il primo, quando avrei volentieri saltato la cena per andare subito a letto.
Poi, gradualmente l’organismo ha iniziato ad adattarsi a questo superlavoro, e verso la fine della settimana la fatica ha lasciato il posto ad una sensazione di benessere.
Se le regate fossero durate altre due settimane, Neurone avrebbe iniziato a farsi sentire e probabilmente non ce ne sarebbe stata per nessuno!
Le sensazioni di un Mondiale


Non immaginavo che un campionato mondiale, corso comunque nelle parti basse della classifica potesse essere così coinvolgente dal punto di vista agonistico.
Nei giorni precedenti le regate pensavo che a Talamone avrei provato in mare le stesse sensazioni di un campionato italiano, solo declinate in una flotta più grande.
E invece non potevo sbagliarmi di più, le emozioni sono state forti, l’impegno fisico e mentale assolutamente non paragonabili a qualsiasi altra regata in deriva a cui avevo partecipato precedentemente.
Per contro, avevo grandi aspettative sull’evento dal punto di vista della socialità: pensavo al Mondiale come a un grande contenitore multiculturale grazie alla presenza di equipaggi di ben 18 nazioni.
Con la sola eccezione della cerimonia di apertura, divertente e frizzante, nel resto dei giorni invece poco o nulla di diverso da una regata minore abbiamo vissuto come atmosfera terra.
E questo è un piccolo neo della ottima organizzazione di questo mondiale Italiano, che ha richiesto al Circolo di Talamone uno sforzo enorme di cui tutti noi snipisti saremo sempre grati.
A detta di tutti i partecipanti è stato un bellissimo campionato Mondiale, ognuno porterà con se il suo pezzettino di ricordo di queste regate nelle acque davanti la Maremma.
A me, rimarrà l’emozione di vivere una settimana insieme a velisti provenienti da luoghi più disparati del mondo, ciascuno con lingue culture ed abitudini diverse, tutti a Talamone.
Pur con tutte le nostre diversità culturali, ci siamo incontrati e ci siamo sfidati con le stesse regole, lo stesso scafo, il medesimo timone, le stesse scotte da tenere in mano.
Lo sport, in questo caso la vela, ci avvicina, ci rende temporaneamente uguali.

Viva la vela!"

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